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lunedì 21 novembre 2016

Recensione | La scuola di Linda di Regina di Luanto

Ciao miei carissimi lettrici e lettori...
ho appena finito un libro davvero bello e interessante che mi ha tenuta col fiato sospeso per molti capitoli! Un romanzo che riprende le storie d'amore ottocentesche ma ambientato in Italia e con tematiche di denuncia nei confronti della società maschilista del tempo. Un libro che mi è davvero piaciuto per tutta una serie di elementi che adesso vi racconterò, sperando di farvi venire voglia di leggerlo per riportare in auge un romanzo, e la sua autrice, dimenticati davvero per molti decenni ma oggi in grado di far valere il proprio diritto di far parte della letteratura classica italiana!!



La scuola di Linda ✦ di Regina di Luanto ✦ edito in ebook da Sara Minervini per E.M.A ✦ 1° edizione nel 1894 ✦ Genere: Classico ✦ Pagine: 241 ✦ letto in ebook 




La contessina Linda Vallorsara è cresciuta alla scuola della finzione, della menzogna e del privilegio di classe, confusa da opinioni oscillanti e senza una guida a regolarne gli istinti e insegnarle a giudicare con chiarezza. Solo l’incontro con il vero amore potrebbe risvegliare il suo cuore e lo spirito, riconducendola alla semplicità della sua vera indole. Ma «l’amore è un atto generoso e costa caro ed è sempre più vantaggioso seguire l’esempio della maggioranza e caricare le spalle altrui per alleggerire le proprie». Sullo sfondo della gaudente Roma umbertina e giolittiana, questo romanzo dimenticato di Regina di Luanto restituisce non solo le pagine strappate dalla Storia della Letteratura Italiana ‒ quelle della scrittura femminile tardo ottocentesca ‒ ma anche il senso di una feroce critica alle convenzioni e convenienze di una società fiacca e priva di sostanza morale che non conosce differenze fra i sessi.

Regina di Luanto è lo pseudonimo di Anna Guendalina Lipparini (Terni, 22 febbraio 1862 – Pisa, 8 settembre 1914). Divenne celebre per i temi narrati nei suoi racconti e romanzi nei quali non nascose lo sprezzo per l’ipocrita visione della donna e della condizione femminile, oggetti inerti da tenere confinati nello stretto raggio delle convenzioni sociali.




Linda Vallorsara è una bambina che vive la sua appartenenza alla ricca nobiltà romana in modo contrastante: da un lato si balocca con il lusso e l'aspirazione di partecipare a numerose feste e raduni alla moda quando sarà grande; dall'altro osserva disgustata l'ipocrisia dei ricchi, la superficialità della madre vanitosa, le scappatelle amorose del padre e il bisogno di apparenza insito nella sua classe sociale. La purezza e la lealtà di Linda la portano ad amare, ad aver compassione e a non giudicare inferiori coloro che non appartengono al lusso e che sono capaci di veri sentimenti verso di lei.

Educata in convento con le signorine della più ricca nobiltà italiana, Linda sogna il suo vero amore: un amore puro, non attaccato alle convenzioni economiche che vogliono la dote come scambio di moneta per sobbarcarsi il peso di una moglie, ma che, al contrario, senta solo il bisogno di stare insieme a lei, al di là di contratti, tradizioni, usi e costumi obbligatori per la società corrotta intorno. 

Purtroppo, l'uomo che le ruba il cuore è lontano da tutto questo e, scoperto l'inganno, la ragazza decide di non abbandonarsi più a futili cedimenti amorosi capaci solo di farla soffrire. Linda si lascia avvincere dal mondo bigotto e ipocrita da lei sempre osteggiato, e ne diventa un'illustre rappresentante. E grazie a questo suo nuovo modo di comportarsi Linda trova marito: un uomo dapprima mite e amichevole ma che col tempo diventa inetto, egoista e disinteressato alla moglie, la quale ricerca l'adulazione nei propri confronti in altri uomini, nelle feste, nei pettegolezzi e nell'ipocrisia generale. Una Linda del tutto diversa dalla bambina di inizio libro, che porterà il lettore a conoscenza di una società e dei suoi molteplici protagonisti e, immancabilmente, a un tragico epilogo.

Il mutamento di Linda mi ha lasciata davvero amareggiata. Fino alla fine pensavo, e speravo, che qualcosa sarebbe cambiato, avesse trovato l'amore vero e sarebbe ritornata ad essere l'eroina per eccellenza! Invece non è accaduto, ma questo, insieme al triste finale, ha dato al libro maggiore carattere e più spessore!!

Tanti i personaggi che si conoscono in modo approfondito, e tanti quelli che si ripresentano a distanza di tempo nella vita di Linda raccontando di sé. 
La storia scorre davvero fluida senza noia  lentezza in alcuna parte del romanzo. Le sensazioni di Linda sono ben trascritte e mai melense o svenevoli, anzi, la protagonista è una bambina, poi una donna, con un carattere abbastanza forte e deciso che segue un percorso di formazione parecchio logico e coerente.  

A sorprendermi un po' e a dare al libro una nota piccante, ma non oscena, sono state le insinuazioni lesbiche nella vita di Linda, durante il periodo in convento. L'autrice vela i comportamenti tra ragazze con descrizioni allusive e poco esplicite, ovviamente per il riserbo che nel suo tempo c'era a proposito di determinati argomenti.

L'autrice, Regina di Luanto, è una donna che ha vissuto in prima persona la società e il mondo di Linda e per questo offre un quadro davvero ben illustrato di ciò che accadeva nei salotti, a teatro, tra amiche o nelle case di campagna dei nobili aristocratici italiani. 
Alla fine, la scuola di Linda è la sua vita, il suo trascorso e le persone al suo fianco. Per farvi capire quanta immoralità, degenerazione e falsità risiedeva in tale scuola, tale da costringere un animo puro come quello della piccola Linda a corrompersi in modo tanto brutale, vi cito alcune frasi del libro che sono il succo dell'educazione dei nobili del tempo e di molti di oggi, purtroppo!!


«Figurati che ad un tratto la mamma diventasse vecchia, brutta...»
«Non importa, le dovresti volere bene lo stesso. Non è vero babbo che tu non divorzierai?»
«No, no. Ma dimmi quando la tua bambola è sciupata e
le mancano gli occhi e i capelli, non mi vieni a dire "babbo compramene un'altra?"»
«Sì». Mormorò Linda, scossa nella sua opinione da un tale argomento.
«Dunque?»
«Dunque, per farsi volere bene, bisogna essere sempre belli?»
«Potendo!» Concluse il conte Vallorsara.









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