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trama completa di Io, Partenope

“Io, Partenope…”, così comincia suor Chiara di Marco a raccontare di sé. Nata a Sepione, un paesino del Molise, tra il 1575 e il 1580 da una famiglia di poveri braccianti, il soprannome Partenope le venne dato molti anni più tardi. Partenope era il nome della sirena che morì per amore sulle coste pugliesi: la città che sorse attorno alla tomba della creatura marina prese lo stesso nome. Dopo che la città venne distrutta da un terremoto, la stessa venne ricostruita e chiamata Napoli. Suor Giulia venne quindi chiamata come la sirena perché incarnava la vera essenza di Napoli.
La sua infanzia fu molto infelice a causa dell’estrema povertà in cui versava la famiglia e per il disinteresse della madre nei confronti dei figli più grandi. Infatti proprio questa trascuratezza porta la donna a vendere uno per uno i suoi figli: Chiara, a dieci anni, viene data a un anziano mercante di pentole, per fargli da assistente nei mercati e da compagna di letto. Durante i cinque anni di convivenza, Chiara impara a leggere e scrivere. Dopo la morte dell’uomo, la ragazza, ormai quindicenne, viene accudita dalla sorella del defunto come cameriera e come confidente. A Napoli impara a destreggiarsi tra la folla e ad amare la città, ma, ancora giovane e ingenua, cade vittima delle lusinghe e delle frivole promesse di un “guappo”: così, rimane incinta. Grazie all’aiuto della padrona Isabella e dei due domestici, Chiara porta a termine la gravidanza con tranquillità, ma è costretta ad abbandonare la bambina sulla ruota degli orfani senza la speranza di rivederla mai più. Tale vicenda prostra talmente tanto la giovane da indurla a farsi suora, ma viene subito scoraggiata dalla padrona. Un giorno, entrambe intraprendono un viaggio di tre giorni per andare a conoscere fra Domenico, un eremita che vive in una grotta su una montagna, dalla quale si unisce in preghiera con tutti quelli che accorrono a conoscerlo. Ascoltandolo, Chiara vive la sua prima estasi.
“Il tempo a Napoli è scandito dalle catastrofi” e così anche la vita dei suoi abitanti, che nel 1598 devono affrontare il dilagarsi del colera. Tra le numerose vittime c’è anche la padrona Isabella che lascia Chiara senza alcuna protezione. Il suo destino è dunque segnato: diventare una bizzoca, cioè una suora di strada, una francescana senza fissa dimora in cerca di persone da aiutare. Suor Chiara si accorge ben presto che Napoli è gremita di povere anime in cerca di aiuto, sostegno e supporto. Giorno e notte la sua vita viene dettata dal dare assistenza e dalla preghiera. Quest’ultima, è per la religiosa una forma tutta personale di entrare in contatto con Dio, discorde dalla prolissità e dalla ridondanza delle formule liturgiche imparate a memoria dai preti. Chiara vive per strada tra gli indigenti e osserva con disinteresse e freddezza coloro che si considerano ministri di Dio ma vivono contornati da molte ricchezze materiali senza badare al nutrimento della propria anima e all’aiuto necessario ai bisognosi.
Per una suora sola, senza alcuna tutela, era obbligatoria la protezione di un padre spirituale. Consigliata dalle altre consorelle, suor Chiara sceglie di diventare la figlia spirituale di padre Aniello Aciero, un giovane prete di bell’aspetto, oggetto d’amore di molte suore e incline alle tentazioni fisiche. La ragazza, divenuta fonte di desiderio del giovane prete, non cade in errore con lui e decide di aiutarlo insegnandoli come pregare Dio per raggiungere l’estasi e dimenticare le fantasie carnali. In poco tempo, padre Aniello diventa figlio spirituale di Chiara e suo primo seguace. Insieme fondano una casa di preghiera prendendo in affitto un’abitazione al piano terra in vico dei Mandisi, dove molti uomini e molte donne cominciano il loro percorso per congiungersi a Dio attraverso il raggiungimento dell’estasi.
Un ulteriore “apostolo”, ritenuto uno dei principali fondatori della Comunità di Preghiera, è Giuseppe De Vicariis, avvocato e organizzatore della comunità in grado di difenderla dalle eventuali diffamazioni.
Ovviamente tale popolarità diventa subito oggetto di calunnie e invidie da parte di altre suore e preti che non comprendono il modo di pregare di Chiara. Di contro, suor Chiara conquista i membri dell’aristocrazia napoletana grazie alle fantasiose testimonianze delle sue miracolose prodezze. Nonostante ciò, i nemici della Comunità di Preghiera strappano padre Aniello dai suoi fedeli e da suor Chiara portandolo via da Napoli. Stessa sorte tocca a Chiara che viene rinchiusa in un convento per “essere ricondotta all’obbedienza”.
Nei tre anni di clausura la ragazza fa amicizia con le suore del convento e insegna loro a pregare secondo il suo personale metodo. Intanto riesce a mantenere i contatti con i seguaci della Comunità di Preghiera, i quali continuano la sua opera insieme all’avvocato De Vicariis. Cercando di disperdere definitivamente la Comunità di Chiara, la Chiesa di Roma decide di isolare la suora quanto più lontano possibile da orecchi e occhi indiscreti. Viene quindi mandata in un convento situato in un piccolo paesino montano non distante dal luogo di nascita di Chiara. Nonostante le precauzioni prese per scortarla senza far conoscere la sua destinazione, l’avvocato De Vicariis riesce a rintracciarla e a inviarle due seguaci che possano comunicare con lei per diffondere i suoi insegnamenti spirituali anche da lontano.
Nel 1610, finalmente liete notizie animano il Regno di Napoli: viene infatti nominato inquisitore un parente dell’avvocato De Vicariis, il quale cerca immediatamente di ottenere il favore di far ritornare suor Chiara a Napoli tra i suoi figli spirituali.
Dopo diversi anni di clausura, Chiara ritorna a camminare liberamente tra le strade di Napoli. Purtroppo non può continuare ad essere una comune francescana in cerca di bisognosi a cui dare il proprio aiuto, ma deve sottomettersi ad alcune precise regole: prima fra tutte, dovrà “far fuggire il consenso delle genti” e per questo il suo rientro a Napoli viene tenuto nascosto; inoltre, non può tornare a vivere nella Comunità di Preghiera, quindi viene alloggiata nel palazzo del luogotenente spagnolo don Alfonso Suarez. Tra i due nasce una forte amicizia e sarà proprio don Alfonso ad affibbiarle il nome della sirena Partenope.
Arriva comunque il momento di fondare una nuova e più grande Comunità di Preghiera, che possa ospitare tutte le figlie e i figli di suor Chiara, e questa grande casa-convento viene costruita a Fonseca, un paese fuori Napoli. Passano tre anni felici per Chiara e la sua famiglia spirituale, ma i loro nemici sono ormai ovunque e sempre più convinti che l’eresia serpeggi in tutte le sue forme più perverse all’interno della Comunità.
A denunciare Chiara sono alcuni tra i suoi figli che, non riuscendo a raggiungere l’estasi con Dio, rimangono vittime dei raggiri orditi dalla Santa Chiesa di Roma e accusano la Comunità di arrivare all’estasi divina in maniera più carnale che spirituale. In poco tempo le strade di Napoli pullulano di notizie riguardanti le attività oscene perpetuate tra le mura del convento di suor Chiara e le ritorsioni non si fanno attendere: l’avvocato De Vicariis viene imprigionato e il commissario del Santo Uffizio, suo parente, deposto dall’incarico. La stessa Chiara, protetta dal viceré di Spagna, viene richiesta, con una missiva dal papa in persona, a Roma. Qui, rinchiusa per mesi in un sotterraneo, viene sottoposta ad estenuanti interrogatori nei quali, dopo aver saggiato le pratiche di tortura, confessa i peccati di cui è accusata. Non può fare altrimenti se vuole continuare a vivere, e allo stesso pensiero si aggrappano anche l’avvocato De Vicariis e padre Aniello, entrambi interrogati e torturati. Tutti e tre vengono, infine, costretti all’abiura in pubblica piazza.
Da quel momento le loro strade si dividono e la Comunità di Preghiera si scioglie. Suor Chiara diventa una donna delle pulizie nel convento delle Clarisse di Roma e poi trasferita in quello delle Agostiniane dove cade vittime dei soprusi della superiora, suor Adelaide, la quale tenta, umiliandola, di portarla al suicidio. Il suo scopo è quasi raggiunto se non fosse per un fatto inatteso: l’arcivescovo di Napoli, monsignor Carafa, vuole conoscere la tanto discussa suor Partenope e decide quindi di ospitarla presso la propria dimora romana. Chiara sente che la sua fortuna è dovuta in parte alla città di Napoli, che ha mandato un suo rappresentante per salvarla dalle grinfie dei suoi nemici. Diventa così la “maggiordoma” in casa Carafa.
Roma è poco apprezzata da Chiara, la quale pensa sempre con indicibile rimpianto alla sua Napoli, ma in quanto cittadina romana osserva intorno a lei il mutare dei tempi nella città dei papi. Ciò che vede è un’emergente ventata di modernità nel modo di vivere della gente, soprattutto delle donne. La nuova corrente sociale viene definita da Chiara come il “puttanesimo” e vede le prime avvisaglie proprio in una ragazza da lei conosciuta, Costanza, figlia di sor Muccio, cocchiere di casa Carafa.
A 18 anni Costanza diventa amante di un ricco vescovo, molto generoso con lei. La faccenda è sotto gli occhi di tutti, anche del fidanzato della ragazza. Chiara non riesce a spiegarsi come sia possibile che il ragazzo non si ribelli al noto tradimento ma sor Muccio le spiega che, entrambi i giovani, sono d’accordo ad appropriarsi di quanti più regali possibili del vescovo per sposarsi e vivere una vita agiata. Dopo che scoppia lo scandalo sui bagordi di Costanza col vecchio vescovo, i due ragazzi si sposano ma l’infedeltà della ragazza continua e il marito decide di lasciarla. La modernità della giovane, o come lo chiama Chiara il puttanesimo, è inarrestabile e dopo due settimane dalla separazione va a vivere con Luigi Bernini. Grazie a questa unione Chiara fa la conoscenza dell’architetto del papa, Gian Lorenzo Bernini. Anche lui cade nella tela amorosa dell’audace Costanza: la vuole sposare ma la ragazza vuole vivere liberamente il suo puttanesimo. Così, quando Bernini scopre i tradimenti di Costanza, decide di sfregiarla e di chiudere per sempre il rapporto con lei.
Passa qualche anno senza che suor Chiara riveda l’artista, ma i pettegolezzi su di lui continuano a correre e la suora apprende che si è rifatto una famiglia. Incontrandolo per caso, viene inviata nel suo studio dove nota un busto di donna su un piedistallo: è Costanza, legata per sempre al Bernini nel modo a lui più consono; l’arte.

Chiara comincia a vedere sempre più spesso Gian Lorenzo e parla con lui di spiritualità. È così che viene a conoscenza dell’interesse del ragazzo per il modo con il quale Chiara viene in contatto con Dio, l’estasi. A tal proposito l’architetto del papa mostra a Chiara i ritratti che suo padre, Pietro Bernini, aveva realizzato durante le visite alla Comunità di Preghiera anni addietro. Tra questi ce n’è uno che cattura l’attenzione della suora. Proprio quel ritratto anni dopo porterà grande scandalo nella Roma dei papi: è l’Estasi di Santa Teresa, ma la santa raffigurata non è Teresa bensì suor Partenope.

Chiara rimane stupita nel vedere se stessa a trent’anni e quando un uomo le si avvicina per chiederle la storia della sua vita, lei comincia a raccontare: “Io, Partenope…”.

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